|
.: GENGA |
Genga è un comune di 2.012 abitanti in provincia di Ancona.
Genga, territorio di ampia superficie con una estensione di
74 km. di suolo. Spazio modulato con intervalli di dolci declivi,
aspre e crude dalla glabra superficie, rese più familiari al paesaggio
dalla intermittenza di zone arbustive. Pianure definite, fertilizzate
dal lavoro paziente e rassegnato dell’uomo e rese più provvide e
fruttifere dal corso del fiume Sentino che le lambisce, aggredendole
quando è in piena e rinnovandole in estate. colline boscose, feconde
di essenze silvestri, montagne calcaree, Una distribuzione abitativa
singolare, probabilmente senza analogie di riscontri, senz’altro
bizzarra e individuale. Quaranta frazioni e nuclei abitati diffusi
sul territorio in forma composita e diseguale, individuati in 14
parrocchie, aggregati residenziali e singole costruzioni. Il quadro,
peraltro così esemplificato, chiede il soccorso di un poeta amante
dei contrasti e delle antitesi; il pittore avrebbe difficoltà di
rappresentazione. La anomalia più evidente, tuttavia, si percepisce
nella orografia del panorama ché un diaframma naturale scinde il
paese in due parti. Se l’affermazione regge alla sorpresa, occorre
avvertire che la creazione ha comunque disposto che i doni più straordinari
del luogo fossero custoditi all’interno di questa paratia, una specie
di zona «franca» per garantire tutti in caso di potenziali «dispute»
in relazione alle sue prerogative. Un ambiente permeato dalla fatica
e da una semplicità intelligente, dimorato da gente devota al culto
delle cose antiche e dattorno uno scenario policromo e multiforme.
La superiore bellezza, antesignana per eccellenza e per gloria universale,
è offerta dal complesso ipogeo delle Grotte di Frasassi. Un ambiente
regale che nella sua limitata notorietà ha già esaurito ogni aggettivo
e abusato delle espressioni più stentoree. Ogni descrizione, seppur
confacente e consona, può manifestarsi riduttiva. E Genga difatti,
comunque la si consideri e la si interpreti, è una poesia di versi
strani, un andare e venire sui sentieri del tempo e della nostalgia
che è l’eredità più antica e più intatta del nostro sentimento.
Il viaggio itinerante sollecita comunque altre visioni facendo cortese
premura di non differire la sosta, avvertendo che la sua raffigurazione
troverà ospitalità in altri spazi dai contenuti pletorici. |
.: STORIA |
 La
storia è incisa sulla pietra, è scolpita con i segni anche sulla
roccia, e attraverso la sua lettura si possono stabilire le possibili
progressioni del tempo trascorso. Al riguardo soccorrono anche le
scoperte che spesso si rivelano illustrative e adeguate alla causa.
Le stazioni eneolitiche del Pianello, di Colleponi, inducono alla
convinzione e alla credenza che un’antica stirpe giunta dalla Valle
dell’Esino, risalì il fiume Sentino e si stabilì nel territorio
di Genga. Probabilmente, secondo le affermazioni di un illustre
storico locale, era la prima gente picena. Nell’epoca romana, il
territorio di Genga trovò collocazione tra i municipi di Sentinum
(Sassoferrato), Attidium (Fabri ano), Tuficum (Albacina) e Alba
Picena (presso Arcevia). Se l’orografia del territorio condiscende
la storia e la interpreta, è presumibile ritenere che l’antico territorio
appartenesse a Sentinum poichè è aperto su questa ampia vallata.
Nel secolo decimo, quando Sentinum fu abbandonata a seguito delle
feroci incursioni barbariche, gli abitanti si rifugiarono nelle
zone più remote della circoscrizione municipale, con predilezione
per i luoghi meno accessibili e più ardui. E’ verosimile che alcuni
sentinati, che cercavano ricetto fra i monti, che si localizzassero
nelle colline di Genga ed i più abbienti costruissero ivi i propri
castelli, originando così alcuni degli attuali agglomerati. E’ ammissibile
che le origini del Castello di Genga, capoluogo comunale, abbiano
queste illustrate identità. I documenti non soccorrono compiutamente,
ma sembra che la cittadella preesistesse alla famiglia dei Conti,
i quali, soltanto nell’anno 1090 l’acquistarono dai monaci dell’abbazia
di 5. Vittore delle Chiuse che ne avevano la proprietà, per mezzo
di un contratto d’enfiteusi che fu successivamente rinnovato nel
1215 a favore di Gandolfino, figlio di Simone. Da questa data, la
storia si confonde con quella dei Conti omonimi che, nonostante
le ripetute interruzioni, ne furono i feudatari sino alla fine del
secolo XVIII. Le vicende di Genga si compendiano in una lotta secolare
tra i suoi signori e la comunità di Fabriano per il possesso del
Castello. Nell’anno 1216, per la prima volta i fabrianesi vi misero
piede e nel 1218 il feudo di Genga venne concesso alla repubblica
di Fabriano per il compenso di centoventi libre ravennati. Seguirono
contrasti e contese e dopo lunghe trattative si concretarono nuovi
patti in un pubblico istrumento, dove si stabilì che il castello
doveva essere soggetto a pagare dazi, collette, pedaggi e altri
balzelli alla città di Fabriano. Nel 1348, questa si pose sotto
la protezione di Lodovico d’Ungheria il quale comprese nella sua
giurisdizione anche Genga. Dopo nuovi dissidi e alterne vicende,
nel 1356, i suoi abitanti promisero fedeltà ed ubbidienza al podestà
di Fabriano. Dopo un secolo circa, nel 1435, allorché fu compiuta
la strage dei Chiavelli, signori di Fabriano, i discendenti degli
antichi feudatari di Genga poterono tornare nei loro domini. Con
sequenze successive, distinte da confronti armati, dispute ed inganni,
si giunge all’anno 1816, quando il Papa Pio VII, con motu proprio,
sollecitò i feudatari alla privazione delle giurisdizioni baronali.
A questa esortazione gran parte aderirono spontaneamente e anche
i Conti della Genga si adeguarono all’invito mantenendo, comunque,
il loro titolo gentilizio ed il dominio dei loro possessi. Nel 1860,
il Castello entrò a far parte della Chiesa, del quale ne seguì le
venture sino all’anno 1860, allorché, sottoposto al mandamento di
Sassoferrato, fu aggiunto, unitamente a questa città, alla Provincia
di Ancona. Una storia complessa, ardita e impavida, le cui gesta
hanno inseguito ad oltranza la perduta libertà e il cui andito non
è stato represso nemmeno dalla soverchiante superiorità dell’antagonista.
Un paese dagli echi lontani, che ha avuto e custodisce il privilegio
di trovare menzione nei più grandi capolavori della letteratura
internazionale di tutti i tempi, e straordinariamente in una produzione
letteraria straniera. Il sublime Victor Hugo, nei suoi Miserabili,
nel libro che «conserva il respiro d’un oceano», cita con enfasi
il nome di Genga, concorrendo, inconsapevolmente forse, alla anticipazione
della sua posteriore celebrazione |
|